martedì 9 aprile 2013

La Risposta di Frederic Brown (1954)

Con gesti lenti e solenni Dwar Ev procedette alla saldatura, in oro, degli ultimi due fili.
Gli occhi di venti telecamere erano fissi su di lui e le onde subteriche portarono da un angolo all’altro dell’universo venti diverse immagini della cerimonia.
Si rialzò con un cenno del capo a Dwar Reyn, e s’accostò alla leva dell’interruttore generale: la leva che avrebbe collegato, in un colpo solo, tutti i giganteschi calcolatori elettronici di tutti i pianeti abitati dell’Universo – 96 miliardi di pianeti abitati – formando il super circuito da cui sarebbe uscito il supercalcolatore, un’unica macchina cibernetica racchiudente tutto il sapere di tutte le galassie.
Dwar Reyn rivolse un breve discorso agli innumerevoli miliardi di spettatori. Poi, dopo un attimo di silenzio disse: “Tutto è pronto Dwar Ez”. Dwar Ez abbassò la leva. Si udì un formidabile ronzio che concentrava tutta la potenza, l’energia di novantasei miliardi di pianeti. Grappoli di luci multicolori lampeggiarono sull’immenso quadro, poi, una dopo l’altra si attenuarono. Draw Ez fece un passo indietro e trasse un profondo respiro. “L’onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn”. “Grazie” rispose Dwar Reyn “Sarà una domanda cui nessuna macchina cibernetica ha potuto, da sola, rispondere”. Tornò a voltarsi verso la macchina. “C’è Dio?”. L’immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitio di valvole o condensatori.
“Sì: adesso, Dio c’è.”
Il terrore sconvolse la faccia di Dwar Ev, che si slanciò verso il quadro di comando.
Un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerì, e fuse la leva inchiodandola per sempre al suo posto.

Frederic Brown, Le meraviglie del possibile.Il secondo libro della fantascienza (1954)

Analisi del testo 


L’uomo nel corso della sua storia è stato capace di compiere grandi passi in avanti, di progredire e di riuscire a rispondere a importanti interrogativi. Nonostante questo, ancora molto per lui rimane ignoto ed è proprio questo ignoto che più lo spaventa. Difficili domande ancora non hanno trovato una risposta e questo crea nella mente dell’essere umano confusione e timore. Molti, però, hanno provato a mettere fine a queste incertezze e affondare i loro pensieri nella sicurezza, ma, spesso, questi interrogativi sono misteri troppo grandi per l’uomo, un essere intelligente ma non ancora pronto a determinate scoperte.
È proprio da questi dubbi che prende vita il brano “La risposta” di Fredric Brown, scrittore statunitense la cui fama è dovuta ai suoi testi brevi e fulminei che sfiorano i limiti del paradosso. L’autore si sofferma appunto sul futuro presente, ovvero sulla costruzione dell’avvenire attraverso le azioni dell’uomo.
Lo scrittore narra della realizzazione di un macchinario molto potente, che raccoglie in sé tutta l’energia di novantasei miliardi di pianeti: una forza incredibile, capace di tutto; ma “non si gioca col fuoco”, perché spesso rischiare può essere pericoloso e può portare solo a sventure e tragedie. Infatti, nella storia analizzata, il tentativo di risolvere i problemi spirituali e morali dell’uomo finisce  con un disastro e la “supercalcolatrice che racchiude tutto il sapere delle galassie” prende il sopravvento sugli uomini stessi .
I due protagonisti, gli uomini artefici della grande macchina cibernetica, sono Dwar Ev e Dwar Reyn, dei quali l’autore non presenta una descrizione caratteriale e fisica dettagliata, ma parla solamente delle loro azioni nel corso della vicenda. Quest’ultima è raccontata in maniera cronologica, senza la presenza di prolessi, analessi, elissi o altre strutture narrative che modificano la successione reale delle azioni: è per questo che la struttura si può definire una fabula.
Il narratore è esterno onnisciente ed è questo il motivo per cui egli conosce ogni dettaglio del racconto, senza però esserne coinvolto. Lo stile utilizzato nel brano di Brown rispecchia le speranze dell’essere umano e i timori che attraverso le tecnologie porteranno l’uomo  alla rovina. Il brano si sofferma sull’attesa e sull’incertezza di quella che può essere la conclusione e lascia in sospeso le aspettative di chi legge fino alla fine, sorprendendolo con un colpo di scena finale.
Questa incertezza consiste nell’elemento comune, che lega e caratterizza tutti gli elementi del testo. Ciò spiega la mancata descrizione dei personaggi e anche del luogo. Questo, infatti, non è specificato, ma si nomina solamente la grande quantità di pianeti dell’Universo. Molto probabilmente ci si trova nella Terra, ma è solamente un’ipotesi.
Come la maggior parte dei brani di Brown, la storia è ambientata nel futuro, in un’epoca sconosciuta che ancora deve avere inizio. Si parla di esperienze che ancora non sono state vissute dall’uomo e di risultati e invenzioni non ancora raggiunti.
Quello di Fredric Brown è un messaggio alla nostra civiltà, la quale tenta di porsi interrogativi le cui risposte sono irraggiungibili e cerca di arrivare ad obiettivi troppo lontani. Questo tentativo di esagerazione e questa voglia di potenza e conoscenza porta l’essere umano all’autodistruzione. Nemmeno l’uomo stesso riesce a controllare ciò che da lui è stato creato.
La genialità dell’autore sta anche in questa sottigliezza, ovvero non solo critica il continuo bisogno di risposte da parte dell’uomo, ma riesce, tramite l’ambiguità del racconto, a creare interrogativi nella mente del lettore. Così facendo amplifica ancor di più l’atmosfera di attesa.
Secondo me l’unico modo per raggiungere dei risultati nella vita e nel futuro non è continuare ad aspettare e cercare sempre delle risposte, ma proseguire verso l’avvenire senza provare a programmarlo, lasciandosi semplicemente trasportare.
Serenella Todesco

2 commenti:

  1. Ottima analisi: mette in luce perfettamente le intenzioni dell'autore ed è molto approfondita
    Peccato per il commento finale scadente e mal argomentato.

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